Joseph Ratzinger, Mistero pasquale e devozione al Cuore di Gesù, Apostolato della Preghiera, Roma 2010, pp. 7-11.
1.
La crisi della devozione al Cuore di Gesù nell’epoca della riforma liturgica
L'enciclica Haurietis aquas
fu scritta in un momento nel quale la devozione al Cuore di Gesù era ancora
viva nelle forme proprie del secolo XIX, ma era già chiaramente percepibile una
crisi di questo tipo di devozione.
La spiritualità del movimento liturgico dominava sempre più il
clima spirituale nella Chiesa nell'Europa centrale,
ma questa spiritualità, che si nutriva del modello classico della liturgia
romana, significò un deciso
allontanamento dalla devozione sentimentalistica del secolo XIX e dal suo
simbolismo. Assunse la sua norma dalla forma austera delle orazioni romane,
nelle quali il sentimento è controllato e s’impone la più grande disciplina di
un’espressione che si è liberata da ogni soggettivismo.
A ciò corrispondeva un tipo di
teologia che voleva orientarsi completamente alla Scrittura e ai Padri e che
perciò doveva modellarsi altrettanto rigorosamente sulle leggi oggettive del
cristiano; le accentuazioni più emozionali apportate dall'epoca moderna
dovevano essere di nuovo ricondotte a questa forma oggettiva.
Que[7]sto significava soprattutto che
la devozione mariana, anche le forme
moderne di preghiera di impronta cristologica, quali la Via Crucis e la
devozione al Cuore di Gesù, passavano in seconda linea o dovevano andare alla
ricerca di nuove espressioni.
Con raffermarsi del movimento biblico e liturgico erano cominciati anche gli sforzi per fondare e approfondire biblicamente e patristicamente sia la devozione al Cuore di Gesù sia la devozione mariana, in modo da conservare l’eredità dell’epoca moderna della Chiesa e da inserirla nella nuova attenzione alle origini cristiane.
Nell’area linguistica tedesca
dobbiamo menzionare qui in particolare Hugo Rahner, il quale scoprì la connessione tra
Maria e la Chiesa nella teologia dei Padri, e così fu uno dei primi a preparare
la strada alla mariologia del Concilio Vaticano II [nota 1]. Egli cercò
di dare un nuovo fondamento alla devozione al Cuore di Gesù, collegandola con
l’interpretazione che i Padri avevano dato di Gv 7,37-39 e di Gv 19,34 [nota 2].
[8]
Entrambi i passi trattano del costato aperto di Gesù, di sangue e
acqua che escono da questo costato. Entrambi i testi esprimono il mistero
pasquale: dal Cuore trafitto del Signore scaturisce la fonte viva
dei sacramenti; il chicco di grano che muore diventa spiga, portando attraverso
i tempi il frutto della Chiesa vivente. Entrambi
i testi esprimono anche il legame tra cristologia e pneumatologia: l’acqua
viva, che scaturisce dal costato del Signore, è lo Spirito Santo; egli è la
fonte viva che trasforma il deserto in una terra fiorente.
Ma così si vede nello stesso tempo anche la connessione tra cristologia,
pneumatologia ed ecclesiologia: Cristo
si comunica nello Spirito Santo, ed è lo Spirito Santo che trasforma l’argilla
in un corpo vivente, cioè unisce uomini divisi nell’unico organismo dell’amore
di Gesù Cristo. Ed è anche per mezzo dello Spirito Santo che l’espressione
di Adamo «i due diventeranno una sola carne» acquista un nuovo significato in relazione
al secondo Adamo: «Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito» (1
Cor 6,17).
Il movimento liturgico aveva trovato
il punto centrale della devozione cristiana nel mistero pasquale. Hugo Rahner con i suoi studi aveva
cercato di mostrare che anche la devozione al Cuore di Gesù non è altro che un
volgersi al mistero pasquale, e quindi si riferisce completamente al nucleo
della fede cristiana.
L'enciclica Haurietis
aquas inizia con quelle parole profetiche di Is 12,3,
delle quali il Signore in Gv 7,37-[9]39 annuncia di essere lui stesso il
compimento nel suo mistero pasquale. Così con le sue parole iniziali
l’Enciclica riprende gli sforzi di uomini come Hugo Rahner: anche ad essa interessava superare il dualismo,
diventato pericoloso, tra la devozione liturgica e la devozione del secolo XIX,
facendole fecondare reciprocamente e portandole a un rapporto fruttuoso tra
loro, senza dissolverle semplicemente l’una nell'altra.
L’Enciclica era evidentemente consapevole
del fatto che le riflessioni di Hugo Rahner non potevano bastare da sole per
una nuova fondazione e per la sopravvivenza della devozione al Cuore di Gesù.
Hugo Rahner aveva certamente
chiarito in modo convincente che la devozione al Cuore di Gesù è in
correlazione con una realtà biblica centrale, cioè che è una devozione
pasquale. Egli aveva posto davanti all'anima della cristianità la
grande immagine del costato aperto di Gesù, dal quale escono sangue e acqua,
come la nuova immagine sacra, per così dire, come l'icona biblica della devozione
al Cuore di Gesù, e così aveva invitato a tradurre in atto, nella meditazione
di questa immagine, la parola profetica di Zc 12,10, citata da Giovanni stesso
in questo contesto: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto» (cf. Gv
19,37; Ap 1,7; cf. anche Gv 3,14).
Ma restano due obiezioni con le quali Rahner non si è
confrontato.
1) Nei due testi di Gv 7 e Gv 19, che Rahner ha visto come fondamento biblico
della devozione al Cuore di [10] Gesù,
non compare la parola «cuore».
Per chi presuppone la devozione al Cuore di Gesù come una realtà all’interno
della Chiesa, questi testi possono diventare il fondamento interiore e il
contenuto più profondo di tale devozione, perché spiegano realmente il mistero
del cuore. Tuttavia non possono provare da soli perché il Cuore del Signore è il centro dell’immagine pasquale.
2) Ma ci si potrebbe domandare in modo ancora più radicale: Se la devozione al Cuore di Gesù è un tipo di devozione pasquale, allora che cosa essa ha ancora di specifico? Non è forse superfluo guardare il mistero pasquale in modo sensibile in un’immagine devozionale, invece di partecipare effettivamente là dove esso è presente realmente in mysterio, vale a dire nei sacramenti, cioè nella liturgia della Chiesa?
Non è forse la partecipazione devozionale, il fatto di attualizzare
in modo sensibile il mistero pasquale, una forma secondaria di devozione
cristiana, un modo secondario di mistica rispetto alla mistica primaria del
mistero, cioè alla liturgia? Essa non dipende forse soprattutto
dal fatto che non si conosceva più questa mistica primaria, non la si
comprendeva più nella forma irrigidita dell’antica liturgia? Essa non viene
forse a decadere, non appena questa stessa liturgia si risveglia? [11]
[nota 1] Tra le opere di H.
Rahner si vedano soprattutto Maria und
die Kirche. Zehn Kapitel über das geistliche Leben, Innsbruck 1951, e Mater Ecclesia. Lobpreis der Kirche aus
dem ersten Jahrtausend christlicher Literatus,
Einsiedeln 1944 (trad. it. Mater Ecclesia. Inni
di lode alla Chiesa tratti dal primo millennio della letteratura cristiana,
Jaca Book, Milano 1972)
[nota 2] I lavori corrispondenti
sono raccolti in H. Rahner, Symbole der Kirche. Die Ekklesiologieder Väter,
Salzburg 1964, pp. 177-235 (trad. it. L’ecclesiologia
dei Padri. Simboli della Chiesa, San Paolo, Roma 1971)
Per leggere la continuazione della conferenza (§ 2 e 2.1)
Per leggere la continuazione della conferenza (§ 2 e 2.1)
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