I. FEDE
Le
riflessioni contenute in questo libro non sono solo considerazioni teoriche,
vogliono essere invito a «esercizi spirituali». Che cosa sono precisamente? Che
cosa vi facciamo?
Ci si può «esercitare» solo in qualcosa che già in qualche modo si possiede; l’esercizio presuppone un fondamento già dato. Ma solo esercitandomi, la qualità di cui si tratta diventa mia proprio al punto da poterne disporre e da renderla fruttuosa. Un pianista deve esercitarsi nella sua arte, altrimenti la perde. Uno sportivo deve «allenarsi» perché solo così egli sarà in piena forma. Dopo la rottura di una gamba devo nuovamente esercitare l’organo in via di guarigione, perché impari di nuovo a sostenermi e via dicendo.
Ci si può «esercitare» solo in qualcosa che già in qualche modo si possiede; l’esercizio presuppone un fondamento già dato. Ma solo esercitandomi, la qualità di cui si tratta diventa mia proprio al punto da poterne disporre e da renderla fruttuosa. Un pianista deve esercitarsi nella sua arte, altrimenti la perde. Uno sportivo deve «allenarsi» perché solo così egli sarà in piena forma. Dopo la rottura di una gamba devo nuovamente esercitare l’organo in via di guarigione, perché impari di nuovo a sostenermi e via dicendo.
Che
cosa dobbiamo «esercitare» in questi giorni? Gli «esercizi» sono un’iniziazione
nell’esistenza cristiana, nell’esistenza della fede. Esercitiamo l’esistenza
cristiana. Ma poiché l’esistenza cristiana non è una qualunque arte
specifica accanto alle altre, bensì semplicemente l’esistenza vissuta come si
deve, si potrebbe anche dire che vogliamo esercitare l’arte della vita giusta. Vogliamo meglio imparare l’arte delle arti,
l’esistenza umana.
Qui
si impone subito uno sguardo sul panorama della nostra vita quotidiana. Esiste
nella nostra società contemporanea un sistema altamente sviluppato di
formazione professionale che ha por[9]tato al massimo livello le possibilità
del dominio umano sulle cose.
Il
potere dell’uomo, nel senso del dominio del mondo, è giunto a proporzioni quasi
vertiginose. Nel
«fare» siamo diventati grandi, anzi grandissimi, ma nell’essere, nell’arte
dell’esistere le cose stanno diversamente. Sappiamo che cosa si può «fare»
delle cose e degli uomini, ma di ciò che le cose sono, di ciò che l’uomo è non
parliamo neppure più.
Di
quest’arte perduta, dell’arte di saper vivere, si deve trattare in questi
giorni. Quanto a tutto ciò noi ci troviamo nella situazione di uno che si è
rotto in più punti le ossa; dobbiamo un po’ alla volta reimparare l’«andare»
nella fede, l’uso delle nostre energie interne.
Le conferenze possono
essere solo una specie di avvio, una prima spinta verso un intimo impegno personale
e comunitario, che è la cosa veramente importante, se gli «esercizi» vogliono
portare frutto.
La fede è l’atto
fondamentale dell’esistenza cristiana. Nell’atto di fede si esprime la
struttura essenziale del cristianesimo,
la sua risposta alla domanda come è possibile arrivare alla méta nell’arte
dell’esistenza umana.
Si
danno anche altre risposte. Non tutte le religioni sono «fede». Il buddismo
nella sua forma classica, per esempio, non mira a questo atto di autotrascendenza,
di incontro con il Tutt’Altro: Dio che mi parla e mi invita all’amore. Caratteristico
per il buddismo è invece un atto di radicale interiorizzazione: non uscire da
sé (ex-ire) ma discendere dentro, il che deve condurre alla liberazione dal giogo
dell’individualità, dal peso di essere persona; al ritorno nell’identità comune
di ogni essere. E ciò, in confronto con la nostra esperienza esistenziale, si
può definire come non essere, come nulla, se vogliamo esprimere tutta la sua
alterità[nota 1]. [10]
[nota 1] Cfr. in proposito nella collana Die religionen der Menschheit a cura di
Chr. M. Schröder, il vol. 13: Die
Religionen Indiens III di A. Bareau, W. Schubring, Chr. Von Fürer-Haimendorf,
Stuttgart 1964; sul rapporto tra cristianesimo e buddismo H. Bürkle, Einführung in die Theologie der Religionen,
Darmstadt 1977, pp. 63-92, dove si trova dell’altra bibliografia.
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