Spostare le montagne
D. Ma è Gesù stesso a
dire: «Se avrete fede pari a un granellino di senape, potrete dire a questo
monte: Spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e niente vi sarà
impossibile».
R.
Questo è in effetti uno dei passi più enigmatici del Nuovo Testamento, almeno
per me. Anche i Padri della Chiesa, i grandi teologi, i Santi hanno faticato a
trovare un’interpretazione per queste parole. Anche in questo caso –
analogamente al passo in cui si dice «Pregate e sarete esauditi» – non possiamo accontentarci
di un’interpretazione banale tale per cui, giacché credo fermamente, devo poter
dire alla montagna di Montecassino: Vattene! Qui si intendono in realtà quei
monti che ostruiscono il cammino della nostra esistenza. E che sono tanto più
importanti dei monti riportati sulle cartine geografiche. Questi
monti posso infatti oltrepassarli se mi affido a Dio.
D. È una sorta di
autosuggestione?
L’atto di fede non è, per così dire, convincersi
di una certa idea o attribuire alla fede il potere di compiere determinate
azioni. L’atto di fede consiste nel riporre la propria fiducia nell’esistenza
di Dio, nel fatto che posso mettermi nelle sue mani. E allora anche la
montagna si dissolverà. In questo quadro il Signore utilizza l’immagine del
chicco di senape, il più minuscolo di tutti i semi, da cui nasce un albero in
cui gli uccelli del cielo nidificano. Nel granello di senape è implicita da un
lato la piccolezza – quella della mia inadeguatezza – dall’altro però la
potenzialità della crescita. Il granello di senape racchiude insomma un’immagine
profonda della fede.
La fede non è
conseguentemente la mera accettazione di determinate formule, ma è un seme di
vita riposto in [38]
me. Sono un autentico credente solo
se la fede è presente in me sotto la forma di un seme vivo, da cui germoglia
qualcosa e che poi trasforma davvero dapprima il mio mondo personale, per poi
portare qualcosa di nuovo nel mondo inteso nella sua globalità.
D. Gesù ha fatto una
grande promessa. Ha detto: «Quel che io insegno, non è mio, ma di colui che mi
ha mandato. Chi vuol fare la sua volontà, conoscerà se questa dottrina viene da
Dio o se io parlo da me stesso». E gli stessi Farisei esclamarono «Mai un uomo
ha parlato come parla quest’uomo».
R.
Questo corrisponde esattamente a ciò su cui stavamo riflettendo. La verità della
parola di Gesù non può essere desunta teoricamente. E come per un
teorema tecnico: la sua correttezza può dimostrarsi solo nella sperimentazione.
La verità di ciò che dice Dio coinvolge
l’interezza della persona umana, l’esperimento della vita. Può rendersi
visibile nella misura in cui mi consegno alla volontà di Dio, così come questa
mi si dischiude. La volontà del Creatore non è qualcosa a me estraneo, qualcosa
di esteriore, ma sta alla base della mia esistenza. E in questo esperimento
esistenziale si finisce per comprendere in che direzione deve muoversi la vita
per immettersi sul giusto tracciato. Non sarà per questo più comoda, ma certo più
giusta. Non sarà superficiale, non offrirà piaceri a buon mercato, ma sarà
rallegrata da una gioia intesa nel senso più profondo del termine.
Questo
è anche il vero significato che i Santi
rivestono per noi: sono uomini che hanno acconsentito a sperimentare la volontà
di Dio. Sono in un certo senso luci che illuminano e rischiarano il cammino che
loro stessi ci indicano. Credo che questo sia di importanza
fondamentale per l’intera questione della verità del Cristianesimo. [39]
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