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Il dono dello Spirito Santo come frutto della croce


tratto da Joseph Ratzinger, Chi ci aiuta a vivere? Su Dio e l’uomo, Queriniana, Brescia 2006, parte 4. - Celebrare la fede, § 10. Il dono dello Spirito come frutto della croce, pp. 129-130. Pubblicato originariamente in Joseph Ratzinger, Speranza del grano di senape. Meditazioni per ogni mese dell'anno, Queriniana, Brescia 1974, 33-35 [trad. di Antonio Bonora].


10. Il dono dello Spirito come frutto della croce

Durante i discorsi di addio Gesù promette l’assistenza continua del Paraclito; l’apostolo Giuda Taddeo pone al Signore la domanda che si impone sempre nuovamente all’uomo che cerca: «Perché tu ti riveli a noi e non al mondo?» (Gv 14,22). Perché non ti mostri pieno di potenza e irresistibile agli occhi di coloro che non ti conoscono?
La risposta di Gesù non è facile da capire perché essa supera il livello del puro dire, parlare e pensare: «Se uno mi ama osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e verremo da lui» (v. 23).
Ciò vuol dire: la conoscenza di [129] Dio non è come la conoscenza di qualsiasi altra cosa. È una via. E soltanto chi la percorre può vedere. Chi si rifiuta di percorrere la via, chi tiene pronti soltanto gli occhi della sua curiosità, ma vuole costruire da sé la sua esistenza, non trova nulla.
Gesù unisce molto strettamente insieme il venire e il vedere. A questo proposito Agostino si è espresso così: soltanto chi ha lo Spirito Santo può vederlo. E si può possederlo soltanto accordandosi con ciò che egli è: l’amore. Anzi nell’amare insieme con lui.

La liturgia della chiesa ha commentato questo pensiero già molto prima con il Sal 68(67),19, con un testo che già Ef 4,8 ha riformulato in stile diverso dalla sua forma originaria veterotestamentaria difficilmente interpretabile, facendone nello stesso tempo un inno sull’ascensione e sulla pentecoste come pure un inno sulla croce: «Egli salì in alto… portò doni agli uomini».
Il Signore vittoriosamente salito al cielo distribuisce come vincitore i doni dello Spirito Santo. Lo Spirito è frutto dell’ascensione trionfale di Cristo, della sua ‘ascensione al cielo’. Se si ascolta più in profondità, ciò significa nello stesso tempo: lo Spirito è il frutto della croce. La discesa nell’abisso dell’estrema indigenza umana, la discesa di un amore che si lascia sfruttare fino in fondo, era nello stesso tempo l’ascesa trionfale, dall’interno, fino al cuore di Dio e da questa discesa-ascesa è sgorgata la fonte dello Spirito: in lui Dio stesso è diventato, come Spirito Santo, dono per gli uomini.

Lo Spirito è il frutto della croce: questo è incontrovertibile. Esso viene dalla croce di Cristo e non si può averlo e vederlo se non percorrendo questa via: là egli ‘abita’, là egli ‘viene’. [130]

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