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La ragionevolezza della fede nella creazione

tratto da Joseph Ratzinger, In principio Dio creò il cielo e la terra. Riflessioni sulla creazione e il peccato, Lindau, Torino 2006, Parte II - Il senso dei racconti biblici della creazione, § La ragionevolezza della fede nella creazione, pp. 39-43

La ragionevolezza della fede nella creazione

Dobbiamo ora approfondire quest’idea in due direzioni.
Per prima cosa vogliamo trattare il semplice «dato» della creazione. Tale dato esige una [39] causa; essa rinvia a quella potenza, che era all’inizio e che poté dire: Sia fatto!

Nel secolo XIX poteva sembrare che le cose stessero diversamente. Le scienze naturali erano caratterizzate dalle due grandi leggi della conservazione della materia e dell’energia. Sembrava così che questo mondo fosse un cosmo eternamente sussistente e dominato dalle leggi perenni della natura, un cosmo esistente in sé e per sé, che non bisognava di nulla al di fuori di sé. Esso appariva come un tutto di cui Laplace poteva dire: «Non ho più bisogno dell’ipotesi Dio».
Ma poi sopraggiunsero nuove conoscenze. Si scoprì la legge dell’entropia, la quale dice che l’energia viene consumata e trasformata in uno stato da cui non può più essere fatta retrocedere. Questo però significa che il mondo vive un processo di divenire e di passaggio. Esso porta in sé inscritta la temporalità.
Poi si scoprì che la materia si trasforma in energia, ciò che modificò automaticamente le due leggi della conservazione.
Quindi sopraggiunsero le teorie della relatività e altre conoscenze, le quali mostrarono che il mondo porta in se stesso i propri orologi che ci permetto[40]no di riconoscere un principio e una fine, un cammino che va dal principio alla fine.
Anche se i tempi si allungarono immensamente, tuttavia attraverso l’oscurità dei miliardi di anni la conoscenza della temporalità dell’essere fece di nuovo intravvedere quell’istante che la Bibbia chiama il principio, quel principio che rimanda a Colui che ebbe il potere di porre l’essere, il potere di dire: sia fatto – e fu fatto.

Una seconda riflessione non si riferisce più solamente al dato dell’essere.
Essa prende per così dire in considerazione il disegno del mondo, il modello secondo cui è costruito. Da quel «sia fatto» non derivò infatti un magma informe. Più conosciamo il mondo più vediamo balenare in esso una intelligenza, di cui possiamo ripercorrere pieni di stupore le vie. Attraverso di esse riconosciamo in maniera completamente nuova quello Spirito creatore cui anche la nostra ragione deve sé stessa.
Albert Einstein disse una volta che nelle leggi della natura «si rivela una ragione così superiore che tutta la razionalità del pensiero e degli ordinamenti umani è al confronto un riflesso assolutamente insignificante» [nota 1]. Riconosciamo come nel [42] macrocosmo, nel mondo delle stelle, si rivela una ragione potente, che tiene insieme l’universo. Sempre più però impariamo a guardare anche nel microcosmo, nelle cellule, nelle unità originarie della vita; pure qui scopriamo una razionalità stupefacente, che ci induce a dire con san Bonaventura: «Colui che qui non vede, è cieco. Colui che qui non ode, è sordo. Colui che qui non comincia ad adorare e a lodare il Creatore, è muto».

Jacques Monod, che respinse ogni genere di fede in Dio come non scientifica e ricondusse tutto il mondo al gioco del caso e delle necessità, nell’opera in cui cerca di esporre e di giustificare sinteticamente questa visione della realtà racconta che François Mauriac, dopo aver ascoltato le conferenza poi raccolte nel libro, avrebbe detto: «Quanto dice questo professore è ancora più incredibile di quel che crediamo noi poveri cristiani» [nota 2]. Monod non contesta questa affermazione. La sua tesi è che tutto il concerto della natura è frutto di errori e stonature.
Egli non può fare a meno di dire spontaneamente che una simile concezione è davvero assurda. Ma il metodo scientifico – così prosegue – ci costringe a non ammettere una domanda cui è necessario rispon[42]dere con la parola «Dio». Quale misero metodo, possiamo solo dire!

Attraverso la ragione della creazione, Dio stesso ci guarda. La fisica, la biologia, le scienza naturali in genere, ci hanno fornito un racconto della creazione nuovo, inaudito, con immagini grandiose e nuove, che ci permettono di riconoscere il volto del Creatore e ci fanno di nuovo sapere: sì, all’inizio e al fondo di tutto l’essere c’è lo Spirito creatore.


Il mondo non è il prodotto dell’oscurità e dell’assurdo. Esso deriva da un’intelligenza, deriva da una libertà, da una bellezza che è amore. Riconoscere questo ci infonde il coraggio di vivere, il coraggio che ci rende capaci di affrontare fiduciosi l’avventura della vita.

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