Il presente blog propone estratti dai libri e dagli scritti di Joseph Ratzinger.

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Non è di una Chiesa più umana che abbiamo bisogno, bensì di una Chiesa più divina; solo allora essa sarà anche veramente umana

Joseph Ratzinger, Una compagnia in cammino. La Chiesa e il suo ininterrotto rinnovamento, in Communio. Rivista internazionale di Teologia e Cultura, Jaca Book, n. 208-210 (luglio-dicembre 2006) - La vita di Dio per gli uomini, pp. 336-349.

Una compagnia in cammino. La Chiesa e il suo ininterrotto rinnovamento.*

Lo scontento verso la Chiesa

Non c'è bisogno di molta immaginazione per indovinare che la compagnia di cui qui voglio parlare è la Chiesa. Forse si è evitato di menzionare nel titolo il termine “Chiesa” solo perché esso provoca spontaneamente, nella maggior parte degli uomini di oggi, reazioni di difesa. Essi pensano: “di Chiesa abbiamo già sentito parlare fin troppo e per lo più non si è trattato di niente di piacevole”. La parola e la realtà della Chiesa sono cadute in discredito. E perciò anche una simile riforma permanente non sembra poter cambiare qualcosa. O forse il problema è solamente che finora non è stato scoperto il tipo di riforma che potrebbe fare della Chiesa una compagnia che valga davvero la pena di essere vissuta?

Ma chiediamoci innanzitutto: perché la Chiesa riesce sgradita a così tante persone, e addirittura anche a credenti, anche a persone che fino a ieri potevano essere annoverate tra le più fedeli o che, pur tra [336] sofferenze, lo sono in qualche modo ancora oggi? I motivi sono tra loro molto diversi, anzi opposti, a seconda delle posizioni.

L’agnosticismo del nostro tempo, in apparenza così ragionevole, il quale lascia che Dio sia Dio per fare dell’uomo semplicemente un uomo, si dimostra una idiozia dalla vista corta.

tratto da Joseph RatzingerGuardare Cristo. Esercizi di fede, speranza, carità, Jaca Book, Milano 1989, Capitolo I – Fede, § 2. L'agnosticismo è una via d'uscita? Intermezzo: la follia dell'intelligente e le condizioni della vera sapienza, pp. 16-21.

Intermezzo: la follia dell’intelligente e le condizioni della vera sapienza

A questo punto vorrei interrompere per un istante la nostra riflessione, forse un po’ astratta, e inserire una parabola biblica; riprenderemo poi il filo del nostro pensiero. 

Penso alla storia raccontata da Gesù e riportata in Luca 12,16-21: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. Egli ragionava tra sé: Che farò poiché non ho dove riporre i miei raccolti? E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio».


L’uomo ricco di questa parabola è senza dubbio intelligente; se ne intende dei suoi affari. Sa calcolare le possibilità di mercato; tiene in considerazione i fattori di insicurezza nella natura come [16] nel comportamento umano. Le sue riflessioni sono ben pensate, il successo gli dà ragione. Se è consentito ampliare un po’ la parabola, possiamo dire che quest’uomo era di sicuro troppo intelligente per essere un ateo. Ma ha vissuto come un agnostico: «come se Dio non ci fosse».

Nel momento in cui noi ci segniamo con la croce ci poniamo sotto la protezione della croce, la teniamo davanti a noi come uno scudo che ci protegge nelle tribolazioni del nostre giornate e ci dà il coraggio per andare avanti

tratto da Joseph Ratzinger, Introduzione allo spirito della liturgia, San Paolo, Cinisello Balsamo 2001, Parte IV - Forma liturgica, Cap. II – Il corpo e la liturgia, § 2. Il segno della croce, pp. 173-180.

2. Il segno della croce
Il gesto fondamentale della preghiera del cristiano è e resta il segno della croce. È una professione, espressa mediante il corpo, di fede in Cristo Crocifisso, secondo le parole programmatiche di san Paolo: «Noi annunciamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani, ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio» (1Cor 1, 23ss). E ancora: «Io non volli sapere tra di voi se non Cristo, e questi crocifisso» (2,2).

Segnare se stessi con il segno della croce è un sì visibile e pubblico a Colui che ha sofferto per noi; a Colui che nel corpo ha reso visibile l'amore di Dio fino all’estremo; al Dio che non governa mediante la distruzione, ma attraverso l’umiltà della sofferenza e dell'amore, che è più forte di tutta la potenza del mondo e più saggia di tutta l’intelligenza e di tutti i calcoli dell’uomo.

Davanti alla questione di Dio non si dà neutralità per l’uomo. Questi può solo dire sì o no, e questo inoltre con tutte le conseguenze fin nelle vicende più piccole della vita

tratto da Joseph RatzingerGuardare Cristo. Esercizi di fede, speranza, carità, Jaca Book, Milano 1989, Capitolo I – Fede, § 2. L'agnosticismo è una via d'uscita?, pp. 13-16.

2. L’agnosticismo è una via d’uscita?

In tutto ciò si aprono varchi verso la fede religiosa, si rendono visibili somiglianze di struttura. Ma se ora tentiamo il passaggio, la strada ci viene sbarrata subito da un’obiezione grave e importante, che si può formulare pressappoco così. Può darsi che nella vita sociale dell’uomo sia impossibile che ognuno possa «sapere» tutto l’utile e necessario alla vita e che il nostro agire si fondi quindi sulla «fede» nel «sapere» di altri. Ma con questo noi rimaniamo nel campo del sapere umano che in linea di principio tutti possono acquisire.
Invece, con la fede nella rivelazione, noi superiamo i confini del sapere propriamente umano. Anche se l’esistenza di Dio può forse diventare un «sapere», la rivelazione e i suoi contenuti restano fede per tutti, qualcosa che sta al di là di quanto è accessibile al nostro sapere. Qui non esiste nessun riferimento al sapere specializzato di alcuni a cui potersi affidare, perché conoscono immediatamente le cose in base alla propria ricerca.

La domanda è: la fede è un atteggiamento degno di un uomo moderno e maturo?

tratto da Joseph RatzingerGuardare Cristo. Esercizi di fede, speranza, carità, Jaca Book, Milano 1989, Capitolo I – Fede, § 1. Fede nella vita quotidiana come atteggiamento fondamentale dell'uomo, pp. 11-13.


1. Fede nella vita quotidiana come atteggiamento fondamentale dell’uomo

Ma qui non vogliamo entrare in questa discussione; molte cose che saranno dette in queste conversazioni possono essere però una tranquilla risposta alle domande che ne risultano. Ora ci importa semplicemente di imparare meglio l’atto fondamentale dell’esistenza cristiana, l’atto della fede. Se ci mettiamo per questa strada, sorge subito un impedimento. Avvertiamo, per così dire, una di quelle nostre intime rotture, che bloccano il nostro movimento nel campo della fede. La domanda è: la fede è un atteggiamento degno di un uomo moderno e maturo?

Nel «fare» siamo diventati grandi, anzi grandissimi, ma nell’essere, nell’arte dell’esistere le cose stanno diversamente.

tratto da Joseph Ratzinger, Guardare Cristo. Esercizi di fede, speranza, carità, Jaca Book, Milano 1989, Capitolo I – Fede, pp. 9-10.


I. FEDE

Le riflessioni contenute in questo libro non sono solo considerazioni teoriche, vogliono essere invito a «esercizi spirituali». Che cosa sono precisamente? Che cosa vi facciamo? 
Ci si può «esercitare» solo in qualcosa che già in qualche modo si possiede; l’esercizio presuppone un fondamento già dato. Ma solo esercitandomi, la qualità di cui si tratta diventa mia proprio al punto da poterne disporre e da renderla fruttuosa. Un pianista deve esercitarsi nella sua arte, altrimenti la perde. Uno sportivo deve «allenarsi» perché solo così egli sarà in piena forma. Dopo la rottura di una gamba devo nuovamente esercitare l’organo in via di guarigione, perché impari di nuovo a sostenermi e via dicendo.

Che cosa ci si aspetta dal Battesimo? Aspettiamo per i nostri bambini la vita eterna! Questo è lo scopo del Battesimo. Ma Come il Battesimo può dare la vita eterna?

OMELIA

Cappella Sistina
Festa del Battesimo del Signore,
8 gennaio 2006
    
Cari genitori, padrini e madrine,
Cari fratelli e sorelle!

Che cosa succede nel Battesimo? Che cosa ci si aspetta dal Battesimo? Voi avete dato una risposta sulla soglia di questa Cappella: aspettiamo per i nostri bambini la vita eterna. Questo è lo scopo del Battesimo. Ma, come può essere realizzato? Come il Battesimo può dare la vita eterna? Che cosa è la vita eterna?

Si potrebbe dire con parole più semplici: aspettiamo per questi nostri bambini una vita buona; la vera vita; la felicità anche in un futuro ancora sconosciuto. Noi non siamo in grado di assicurare questo dono per tutto l'arco del futuro sconosciuto e, perciò, ci rivolgiamo al Signore per ottenere da Lui questo dono.