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Il principio del "vivere per" fa sì che Dio, l’essere primo, l’alfa del mondo, si presenta ora come l'omega, come l’ultima lettera dell’alfabeto della creazione, come la creatura minima

Tratto da Joseph Ratzinger, Introduzione al cristianesimo. Lezioni sul simbolo apostolico. Con un nuovo saggio introduttivo, Excursus – Strutture dell’essere-cristiano, Queriniana, Brescia 200715, pp. 245-248


3. La legge dell’incognito

Il fatto che il “per” vada indicato come il principio determinante dell’esistenza umana e, coincidendo con il principio “amore”, diventi il luogo autentico della manifestazione del divino nel mondo, comporta un’altra conseguenza.

Fa sì che l’essere-totalmente-Altro di Dio, che l’uomo può supporre già a partire da se stesso, diventi totale alterità, radicale inconoscibilità di Dio. Significa che l’essere nascosto di Dio, ammesso dall’uomo come ovvio, assuma ora la scandalosa forma della sua tangibilità e visibilità in quanto Crocifisso. In al[245]tri termini: fa sì che Dio, l’essere primo, l’alfa del mondo, si presenti ora come l'omega, come l’ultima lettera dell’alfabeto della creazione, come la creatura minima.


In tale contesto Lutero parla del nascondimento di Dio «sub contrario», ossia in ciò che sembra il contrario di Dio. Egli mette così in rilievo la peculiarità della forma cristiana di teologia negativa a partire dalla croce, contrapponendola alla teologia negativa del pensiero filosofico. Già la filosofia, l’autonoma riflessione dell’uomo su Dio, porta a riconoscere Dio come il totalmente Altro, l’assolutamente nascosto e incomparabile. «Miopi come gli occhi degli uccelli notturni sono gli occhi nostri di fronte a ciò che è in sé la realtà più chiara», aveva già detto Aristotele [nota 43].

E in effetti, sulla base della fede in Gesù Cristo, risponderemo anche noi che Dio è il totalmente Altro, l’Invisibile, l'Inconoscibile. Orbene, se è realmente apparso così totalmente altro, così invisibile nella sua divinità, così inconoscibile, non si trattava però del tipo di alterità e di estraneità da noi previsto e calcolato, e ci è rimasto effettivamente sconosciuto. Pertanto, non doveva forse proprio questo mostrarlo come il realmente totalmente Altro, che manda all'aria i nostri calcoli circa l’essere-altro e si manifesta così come il solo autentico Totalmente-Altro?

A questo proposito, in tutta la Bibbia ci si imbatte continuamente nell’idea di una duplice modalità di manifestazione di Dio nel mondo [nota 44]. Dio si manifesta certamente, in primo luogo, nella potenza cosmica. La grandiosità, il lógos del mondo, che supera ogni nostro sentire e tuttavia lo comprende, ci parla di lui, di cui questo mondo è pensiero; di lui, di fronte al quale le nazioni non [246] sono che «una goccia d’acqua da un secchio, un granello di sabbia sulla bilancia» (Is 40,15). C’è realmente il richiamo del tutto al suo creatore. Per quanto ci opponiamo alle prove dell’esistenza di Dio, per quanto anche la riflessione filosofica abbia giustamente da obiettare contro i loro singoli modi di procedere, resta fermo che dal mondo e dalla sua struttura spirituale traspaiono l’originario pensiero creatore e la sua potenza fondante. Questa, però, è soltanto una delle maniere in cui Dio si manifesta nel mondo.

L'altro segno di presenza, che egli si è imposto e che, mentre più lo nasconde ancor meglio lo mostra in ciò che gli è più proprio, è il segno dell’infimo, che misurato secondo la scala quantitativo-cosmica è completamente insignificante, addirittura un puro nulla.

A questo proposito andrebbe citata la sequenza: terra - Israele - Nazaret - croce - chiesa, nella quale Dio sembra gradualmente scomparire nel più piccolo, rivelandosi, proprio così, sempre più per quello che è. Ecco in primo luogo la terra, un nulla sperduto nel cosmo, che però sarà il punto focale dell’agire divino nel cosmo. Ecco poi Israele, un nulla fra le potenze, che sarà il punto della manifestazione di Dio nel mondo. Ed ecco Nazaret, ancora un nulla all’interno di Israele, che sarà il punto del suo definitivo avvento. Ecco poi la croce, alla quale è appeso uno: un'esistenza fallita, che sarà il punto in cui si può addirittura toccare con mano Dio. Ed ecco infine la chiesa, questa problematica realtà della nostra storia, che rivendica il diritto di essere il luogo permanente della sua rivelazione.

Oggi sappiamo sin troppo bene quanto, anche in essa, rimanga ancora nascosta la vicinanza di Dio. Proprio nel momento in cui, nel fasto principesco del Rinascimento, la chiesa riteneva di aver strappato i veli di questo nascondimento e di poter essere direttamente la «porta del cielo» e la «casa di Dio», essa era invece diventata ancora una volta e ancor più un “incognito” di Dio, un travestimento dietro il quale era difficile ritrovarlo. Così ciò che, dal punto di vista cosmico e del mondo, è infimo rappresenta il genuino segno di Dio, in cui egli si mostra [247] come il totalmente Altro, che anche nei confronti delle nostre aspettative si manifesta, di nuovo, come l'assolutamente inconoscibile. Il nulla cosmico è il vero Tutto, perché l’ “essere per” è la caratteristica del divino…





[nota 43]  Citazione desunta da H. Meyer, Geschichte der abendländischen Weltanschauung [Storia della filosofia occidentale] I,  Würzburg 1947, 231 (ed. Bekker, 933b, 9ss.).
[nota 44]  Cfr. Ph. Dessauer, Geschöpfe von fremden Welten [Creature d’un mondo estraneo] in Wort und Wahrheit 9 (1954) 569-583; J. Ratzinger, Vom Sinn des Christseins, München 19662, 32ss. [trad. it., Tempo di Avvento, cit.].

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