La struttura sabbatica della creazione [nota 1]
Facciamo un altro passo ancora e domandiamoci:
Come dobbiamo intere più precisamente questo fatto? Il racconto
della creazione presenta il sabato come il giorno in cui l’uomo, libero di
adorare, partecipa alla libertà, al riposo e così anche alla pace di Dio. Celebrare
il sabato significa celebrare l’alleanza, significa tornare all’origine ed
eliminare tutte le impurità che la nostra opera vi ha introdotto.
Significa contemporaneamente anticipare un mondo
nuovo, in cui non ci saranno più schivi né padroni ma solo figli liberi di Dio,
un mondo in cui l’uomo, l’animale e la terra parteciperanno insieme
fraternamente alla pace e alla libertà di Dio.
Da questa riflessione
si è sviluppata la legislazione sociale dell’Antico Testamento basata sul
fondamento che il sabato opera l’uguaglianza di tutti. Ciò viene esteso al di
là del sabato settimanale, nel senso che ogni
sette anni subentra un anno sabbatico, in cui la terra e gli uomini possono
riposare. Quindi ogni sette volte sette anni ricorre il grande anno giubilare,
in cui vengono condonati tutti i debiti e si rescindono compere e vendite.
[50] Ognuno si ritrova di nuovo all’inizio, il mondo si riceve nuovamente dalle
mani di Dio.
L’importanza
di questo ordinamento, purtroppo mai tradotto in pratica, risulta forse nel
modo migliore da una breve osservazione del libro delle Cronache. Già nel corso della
prima meditazione avevo ricordato quanto Israele avesse sofferto per l’esilio,
un evento in cui Dio aveva come rinnegato sé stesso cancellando il proprio
paese, il proprio tempo e il proprio culto. Dopo l’esilio la riflessione
continuò.
Perché Dio ha potuto farci una cosa del genere? Perché
questa punizione durissima, con cui Dio castiga quasi sé stesso? (Naturalmente
nessuno poteva ancora presagire in quale misura egli si sarebbe accollata ogni
punizione sulla croce e si sarebbe lasciato ferire dalla sua storia di amore
con l’uomo). come è potuto accadere tutto questo?
La risposta del libro delle Cronache suona: i
moltissimi peccati, contro cui erano insorti i profeti, non possono essere
stati in ultima analisi un motivo sufficiente per una pena tanto smisurata. Il motivo
deve risiedere in qualcosa di ancora più profondo, di ancora più radicale. Il libro
delle Cronache risponde: «Finché il paese non abbia sconta[51]to i suoi sabati,
esso riposerà durante tutto il tempo della desolazione fino al termine di
settanta anni» (2Cr 36, 21).
Ciò significa: l’uomo ha ricusato il
riposo di Dio, l’ozio davanti a lui, l’adorazione e la conseguente pace e
libertà, ed è così caduto nella schiavitù del fare. Ha trascinato il mondo
nella schiavitù del proprio attivismo e si è reso così schiavo. Perciò Dio è
stato costretto a imporgli il sabato, ch’egli non voleva più. Con il rifiuto
del ritmo della libertà e dell’ozio davanti a Dio l’uomo si è allontanato dalla
propria somiglianza con lui e ha così calpestato il mondo. Per questo doveva
essere staccato con la forza dall’ottuso attaccamento alla propria opera: per
questo Dio doveva riportarlo al suo senso più autentico e liberarlo dal dominio
dell’azione. «Operi Dei nihil praeponatur»: prima l’adorazione, la libertà e la
pace di Dio. Solo così l’uomo può veramente vivere.
[nota 1] Osservazioni importanti al riguardo in
K.-H. Schwarte, Die Vorgeschichte dei
augustinischen Weltalterlehre, Bonn 1966, pp. 220-256. [60]
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