tratto da Joseph Ratzinger, In principio Dio creò il cielo e la terra. Riflessioni sulla creazione e il peccato, Lindau, Torino 2006, Parte I - Dio creatore, § Il criterio cristologico, pp. 30-35
Il criterio cristologico
Il criterio cristologico
Dobbiamo ancora aggiungere un particolare
decisivo: con
l’Antico Testamento il cammino non è arrivato alla meta. I temi
dibattuti nella cosiddetta letteratura sapienziale sono l’ultimo ponte di una
lunga strada, un ponte che immette nel messaggio di Gesù Cristo e nella nuova
alleanza. Solo qui troviamo il racconto definitivo e normativo della Sacra
Scrittura a proposito della creazione.
Esso suona: «In principio era il Verbo e il
Verbo era presso Dio e Dio era il Verbo […]. Tutto per mezzo di lui fu fatto e
senza di lui non fu fatto assolutamente nulla» (Gv 1, 1.3). Giovanni ha qui ripreso ancora una volta
con piena consapevolezza le parole iniziali della Bibbia e ha rilet[30]to il racconto della creazione con Cristo,
per dire in maniera nuova e definitiva qual è la parola con cui Dio vuole
scuotere i nostri cuori.
Una cosa ci diventa chiara: noi
cristiani non leggiamo l’Antico Testamento in se stesso e per se stesso, ma lo leggiamo
sempre con Cristo e per mezzo di Cristo. Per questo non siamo tenuti a osservare la
legge di Mosè, le prescrizioni relative alla purezza e all’alimentazione e
tante altre cose ancora: la parola biblica non diventa per questo priva di
senso e di significato.
Noi
leggiamo tutto questo non come un qualcosa in sé compiuto e a sé stante, ma lo
leggiamo con Colui nel quale tutto è compiuto e in cui tutto rivela la sua
autentica validità e verità. Perciò
leggiamo con Lui, oltre alla legge, anche il racconto della creazione e da lui
sappiamo – da Lui e non da un espediente escogitato successivamente – quel che Dio a voluto infondere a poco a
poco, attraverso i secoli, nel cuore e nell’anima dell’uomo.
Cristo ci libera dalla schiavitù della
lettera e proprio in questo modo ci restituisce la verità delle immagini.
Questo lo sapevano anche la Chiesa antica e la
Chiesa medievale. Sapevano che la Bibbia è un [31] tutto e che noi la ascoltiamo nella maniera vera solo se la
ascoltiamo partendo da Cristo, se la ascoltiamo partendo dalla libertà che Egli
ci ha dato, se la ascoltiamo partendo dalla profondità con cui Egli ci rivela,
attraverso il rivestimento delle immagini, la realtà permanente, il
terreno solido su cui possiamo poggiare in tutti i tempi.
Soltanto a
partire dall’inizio dell’evo moderno si è dimenticata a poco a poco questa
dinamica, l’unità
viva della Scrittura, che possiamo capire solo e sempre con Cristo nella
libertà che Egli ci dà e, quindi, nella certezza che da tale libertà deriva.
La
mentalità storica
emergente voleva leggere ogni testo solo in se stesso, nella sua nuda
letteralità. Cercò di spiegare in
maniera precisa solo il singolo passo e dimenticò che la Bibbia è un tutto. In
breve, lesse i testi non più guardando in avanti, bensì indietro, cioè non più
alla luce di Cristo, bensì solo alla luce della loro presunta origine. Non
volle più riconoscere quel che un testo dice o quel che una cosa è a partire
dalla loro forma compiuta, bensì considerandone solo l’inizio, l’origine. Da questo isolamento dal tutto, da questa letteralità del
singolo passo, che contraddice l’essenza intrinseca [32] dei testi biblici ma che era considerata l’unico
approccio scientifico, è insorto quel conflitto tra scienza naturale e
teologia, che rappresenta ancora oggi un peso per la fede.
Tale peso non ha ragione di essere, perché fin
dall’inizio la fede è stata superiore, più ampia e profonda. La fede nella creazione non è neppure oggi irreale. Essa
è tutt’oggi ragionevole e, anche alla luce dei risultati delle scienze
naturali, è l’«ipotesi migliore», quel che spiega di più e meglio di tutte le
altre teorie. La fede è ragionevole. La ragione della creazione deriva dalla
ragione di Dio. Non esiste altra risposta realmente convincente.
Ancora oggi rimane valido quel che il pagano
Aristotele disse quattrocento anni prima di Cristo a coloro i quali affermavano
che tutto è nato dal caso, ek t’automatou;
egli fece questa affermazione, anche se personalmente non conosceva la fede
nella creazione[nota 1].
La ragione del mondo ci permette di riconoscere
la ragione di Dio, la Bibbia è e rimane
il vero illuminismo che ha affidato il mondo
alla ragione e non allo sfruttamento dell’uomo, perché essa ha dischiuso la
ragione alla verità e all’amore di Dio.
Per questo non abbiamo bisogno di
nascondere la
[33] fede nella creazione neppure oggi. Non ci è lecito nasconderla, perché solo se il
mondo deriva dalla libertà, dall’amore e dalla ragione, solo se queste sono le
potenze propriamente portanti, possiamo aver fiducia gli uni negli altri,
possiamo andare incontro al futuro, possiamo vivere come uomini. Solo perché
Dio è il Creatore di tutte le cose ne è anche il Signore e noi possiamo
pregarlo. Questo infatti significa che la libertà e l’amore non sono idee
impotenti, bensì le potenze fondamentali della realtà.
Perciò possiamo e vogliamo recitare anche oggi
pieni di gratitudine e di gioia la professione di fede della Chiesa: «Credo in
Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra».
Amen.
[nota 1] Aristotele, Metafisica, Laterza, Bari
1971, pp. 197-201. [35]
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