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"Dio ha creato il mondo per iniziare una storia di amore con l’uomo". Che rapporto c'è tra la creazione e il culto?

tratto da Joseph Ratzinger, In principio Dio creò il cielo e la terra. Riflessioni sulla creazione e il peccato, Lindau, Torino 2006, Parte II - Il senso dei racconti biblici della creazione, § creazione e culto, pp. 45-49

Creazione e culto

Siamo così giunti al secondo elemento figurativo del racconto della creazione, su cui voglio dire [45] qualcosa. In esso non incontriamo infatti solamente il ritmo settennale e il suo significato cosmico; questo ritmo sta piuttosto al servizio di un’affermazione che ci spinge ancor più a fondo: la creazione è orientata al sabato, che è il segno dell’alleanza di Dio con l’uomo.

Dovremo ritornare su questo punto in maniera ancor più precisa. Per il momento possiamo trarne questa conseguenza: la creazione è edificata in modo da tendere all’ora dell’adorazione. Il creato venne fatto per essere un luogo di adorazione. Esso giunge al proprio compimento, diventa quello che deve essere, se viene continuamente vissuto in ordine all’adorazione. Il creato esiste per adorare.

«Operi Dei nihil praeponatur», scrisse san Benedetto nella sua regola: «Nulla si anteponga al culto di Dio». Queste parole non sono l’indice di una pietà esaltata, ma la traduzione pura e oggettiva del racconto della creazione, del suo messaggio per la nostra vita. Il centro autentico, la forza che muove e ordina dall’interno il ritmo delle stelle e della nostra vita è l’adorazione. Solo quando ne è permeato, il ritmo della nostra vita trova il suo giusto equilibrio. [46]

In fondo tutti i popoli lo hanno sempre saputo. In tutte le culture i racconti della creazione tendono ad affermare che il mondo esiste per il culto, per la glorificazione di Dio. Questa unità delle culture, circa le domande più profonde che agitano l’uomo, è qualcosa di molto prezioso. Conversando con i vescovi africani e asiatici, in modo particolare nel corso dei Sinodi dei vescovi, mi rendo continuamente conto, e spesso in maniera sorprendente, che le grandi tradizioni dei popoli presentano una unità profonda con la fede biblica. Esse racchiudono un sapere umano originario che è aperto anche nei confronti di Cristo.
Il pericolo delle nostre civiltà tecniche risiede nell’aver tagliato i ponti con questo sapere originario, nella saccenteria di una scientificità malintesa che ci impedisce di ascoltare le direttive della creazione. Esiste un sapere originario comune, che indica la strada e unisce le grandi culture.

Naturalmente dobbiamo aggiungere con onestà: questo sapere è stato di continuo deformato. Le religioni del mondo conoscono una grande idea: il mondo esiste per l’adorazione. Tale idea è però in larga misura deformata dalla convinzione che [47] nell’adorazione l’uomo dà agli dei qualcosa di cui essi hanno bisogno.
Si pensa che la divinità abbia bisogno di questo servizio da parte degli uomini e che in tal modo il culto sostenga il mondo. Questo però apre le porte alla speculazione sul potere. L’uomo può dire ora: gli dèi hanno bisogno di me, quindi posso esercitare una pressione su di loro e in caso di necessità ricattarli. La pura relazione d’amore, quale l’adorazione dovrebbe sempre essere, si trasforma nel tentativo ricattatorio di impossessarsi del mondo. Così il culto finisce per falsare il mondo e l’uomo.

Perciò la Bibbia poté sì riprendere l’idea fondamentale dell’orientamento del mondo all’adorazione, ma nello stesso tempo dovette purificarla.
In essa, come abbiamo detto, questa idea compare nell’immagine del sabato. La Bibbia dice: il creato ha la struttura dell’ordinamento del sabato. A sua volta il sabato è la sintesi della Torah, la legge d’Israele. Ciò significa: l’adorazione porta in sé dei tratti morali. In essa è contemporaneamente racchiuso tutto l’ordinamento morale di Dio. Solo così essa è veramente adorazione.
Un secondo elemento interviene qui: la Torah, la legge, è espressione della storia che [48] Israele vive co Dio, è espressione dell’alleanza; ma questa è a sua volta espressione dell’amore di Dio, del sì da lui detto all’uomo che ha creato, affinché questi ami e sia amato.

Così possiamo ora afferrare meglio quest’idea e dire: Dio ha creato il mondo per iniziare una storia di amore con l’uomo. Egli lo ha creato perché ci fosse l’amore. Dietro questa concezione emergono parole d’Israele, che passano direttamente nel Nuovo Testamento. A proposito della Torah, che incarna il mistero dell’alleanza, della storia di amore di Dio con gli uomini, leggiamo negli scritti giudaici: Essa era in principio, era presso Dio; per mezzo suo è stato fatto tutto ciò che fu fatto; essa era la luce, essa era la vita degli uomini.
Giovanni ebbe soltanto bisogno di applicare queste formule a colui che è la Parola viva di Dio, per dire: tutto è stato fatto per mezzo di lui (Gv 1, 3). E già Paolo aveva detto: «Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui» (Col 1, 16; cfr. Col 1, 15-23). Dio ha creato il mondo per poter diventare uomo e effondere il suo amore, per poi riversarlo anche su di noi e invitarci a corrispondere a tale amore. [49]

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