Creazione e culto
Siamo così giunti al secondo
elemento figurativo del racconto della creazione, su cui voglio dire
[45] qualcosa. In esso non incontriamo infatti solamente il ritmo settennale e
il suo significato cosmico; questo ritmo sta piuttosto al servizio di
un’affermazione che ci spinge ancor più a fondo: la
creazione è orientata al sabato, che è il segno dell’alleanza di Dio con
l’uomo.
Dovremo ritornare su questo punto in maniera
ancor più precisa. Per il momento possiamo trarne questa conseguenza: la creazione è edificata in modo da tendere all’ora
dell’adorazione. Il creato venne fatto per essere un luogo di adorazione. Esso
giunge al proprio compimento, diventa quello che deve essere, se viene
continuamente vissuto in ordine all’adorazione. Il creato esiste per adorare.
«Operi Dei nihil praeponatur», scrisse san
Benedetto nella sua regola: «Nulla si
anteponga al culto di Dio». Queste parole non sono l’indice di una pietà
esaltata, ma la traduzione pura e oggettiva del racconto della creazione,
del suo messaggio per la nostra vita. Il centro autentico,
la forza che muove e ordina dall’interno il ritmo delle stelle e della nostra
vita è l’adorazione. Solo quando ne è permeato, il ritmo della nostra vita
trova il suo giusto equilibrio. [46]
In fondo
tutti i popoli lo hanno sempre saputo. In tutte le culture i racconti della creazione
tendono ad affermare che il mondo esiste per il culto, per la glorificazione di
Dio. Questa unità delle culture, circa le domande più profonde che agitano l’uomo,
è qualcosa di molto prezioso. Conversando con i vescovi africani e asiatici, in
modo particolare nel corso dei Sinodi dei vescovi, mi rendo continuamente
conto, e spesso in maniera sorprendente, che le grandi tradizioni dei popoli presentano una
unità profonda con la fede biblica. Esse racchiudono un sapere umano originario
che è aperto anche nei confronti di Cristo.
Il
pericolo delle nostre civiltà tecniche risiede nell’aver tagliato i ponti con
questo sapere originario, nella saccenteria di una scientificità malintesa che
ci impedisce di ascoltare le direttive della creazione. Esiste un sapere
originario comune, che indica la strada e unisce le grandi culture.
Naturalmente dobbiamo aggiungere con onestà:
questo sapere è stato di continuo deformato. Le religioni del mondo conoscono una grande
idea: il mondo esiste per l’adorazione. Tale idea è però in larga misura
deformata dalla convinzione che [47]
nell’adorazione l’uomo dà agli dei qualcosa di cui essi hanno bisogno.
Si pensa
che la divinità abbia bisogno di questo servizio da parte degli uomini e che in
tal modo il culto sostenga il mondo. Questo però apre le porte alla
speculazione sul potere. L’uomo può dire ora: gli dèi hanno bisogno di me, quindi
posso esercitare una pressione su di loro e in caso di necessità ricattarli. La
pura relazione d’amore, quale l’adorazione dovrebbe sempre essere, si trasforma
nel tentativo ricattatorio di impossessarsi del mondo. Così il culto finisce
per falsare il mondo e l’uomo.
Perciò la Bibbia poté sì
riprendere l’idea fondamentale dell’orientamento del mondo all’adorazione, ma
nello stesso tempo dovette purificarla.
In essa, come abbiamo detto, questa idea compare
nell’immagine del sabato. La Bibbia dice: il creato ha la struttura
dell’ordinamento del sabato. A sua volta il sabato è la sintesi della Torah, la
legge d’Israele. Ciò significa: l’adorazione porta in sé dei tratti morali. In
essa è contemporaneamente racchiuso tutto l’ordinamento morale di Dio. Solo
così essa è veramente adorazione.
Un secondo elemento interviene qui: la Torah, la legge, è espressione della
storia che [48] Israele vive co Dio,
è espressione dell’alleanza; ma questa è a sua volta espressione dell’amore di
Dio, del sì da lui detto all’uomo che ha creato, affinché questi ami e sia
amato.
Così possiamo ora afferrare meglio quest’idea e
dire: Dio ha creato il mondo per iniziare una storia di
amore con l’uomo. Egli lo ha creato perché ci fosse l’amore. Dietro
questa concezione emergono parole d’Israele, che passano direttamente nel Nuovo
Testamento. A proposito della Torah, che incarna il mistero dell’alleanza,
della storia di amore di Dio con gli uomini, leggiamo negli scritti giudaici:
Essa era in principio, era presso Dio; per mezzo suo è stato fatto tutto ciò
che fu fatto; essa era la luce, essa era la vita degli uomini.
Giovanni ebbe soltanto bisogno di applicare
queste formule a colui che è la Parola viva di Dio, per dire: tutto è stato
fatto per mezzo di lui (Gv 1, 3). E già Paolo aveva detto: «Tutte le cose sono
state create per mezzo di lui e in vista di lui» (Col 1, 16; cfr. Col 1,
15-23). Dio ha creato il mondo per poter
diventare uomo e effondere il suo amore, per poi riversarlo anche su di noi e
invitarci a corrispondere a tale amore. [49]
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